Tra amori romantici e viaggi nel tempo
Biografia
Gina Laddaga si definisce un’eterna sedicenne (“nata sotto il segno dell’acquario”, precisa). Ha due fratelli e abita in provincia di Pavia.
Ha studiato come grafico pubblicitario, ma attualmente lavora come impiegata amministrativa. Ama i telefilm, il cinema, Twilight, i balli latino-caraibici, e appena può si diletta a scrivere romanzi rosa e fantasy; le piacerebbe che la scrittura diventasse il suo vero lavoro. Ha pubblicato “Sognami” per Davide Zedda Editore, e poi “Moonstone” con Il Pavone.
Da ragazza romantica, Gina ha scelto di recensire una splendida storia d’amore: “La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo” di Audrey Niffenegger.
Perché la facoltà di viaggiare nel tempo di Henry DeTamble è descritta come una “malattia genetica”?
Beh, probabilmente la scrittrice non sapeva dove appigliarsi e ha scelto ”la scappatoia” della malattia.
No, scherzo. Questo libro è assolutamente uno dei miei preferiti, quindi non posso essere cattiva… ma posso provare ad esserlo un tantino.
La “malattia genetica” di Henry inizia con la morte della madre, e quella notte cominciano anche i suoi viaggi nel tempo. Un incidente stradale, sua madre che smette di cantare (era una cantante per professione) e lui viene catapultato nudo e infreddolito dall’altra parte della strada. È come se il gene della cronoalterazione avesse deciso di salvare solo lui e non tutto l’abitacolo, abbandonando la madre al suo destino, perché forse Henry era destinato a qualcosa di diverso. Quel qualcosa di diverso sarà trovare il vero amore (Clare, e poi Alba).
Possiamo anche ipotizzare che nei nostri geni ci sia qualcosa di più, ma chi può dirlo con esattezza? Supporre va bene, ma decidere chi essere è un po’ più complicato, e molte volte è il fato – o la coincidenza? – a modellare il nostro essere. Le generazioni passate, oramai, sono “passate”. È quello che siamo oggi, a creare ciò che saremo noi e che sarà la vita futura.
Secondo te, perché di fronte ai ricordi o ai progetti per il futuro, spesso ci sentiamo come Henry?
Il futuro fa paura. Quando nasciamo, la prima cosa che facciamo è piangere. Piangere perché qualcuno ci ha tirati fuori dal posto caldo e accogliente che era il ventre materno. Cosa ci sarà al di fuori? Non lo sappiamo, e questo fa paura.
Ogni cambiamento spaventa, e non sapere cosa accadrà intimorisce. Ogni individuo affronta il futuro o i propri progetti in modo diverso, ma è sempre la paura a dare la spinta per decidere di fare una cosa o meno. Henry, quando si ritrovava ”nudo e solo” dopo un viaggio nel tempo, sapeva che doveva correre, trovare un posto in cui rifugiarsi e dei vestiti con cui coprirsi. Questo, però, lo capisce dopo un po’ di tempo, dopo aver fatto molti “viaggi”. La prima volta non sapeva cosa fare, e andava avanti con l’intuito, la legge della sopravvivenza lo spingeva a correre e a compiere azioni che lo salvassero. Un po’ come tutti gli esseri umani ogni giorno.
Un’altra particolarità del libro è che i piedi sono qualcosa d’importante per il protagonista. Cosa vuol dire, secondo te?
I piedi, per Henry, erano la sua fonte di vita. Se non riusciva a correre, non poteva sopravvivere. Eppure, il destino ha scelto di privarlo della sua fonte di sostentamento. Certe volte, il destino è capriccioso e ti mette alla prova. Henry, purtroppo, non la supererà…
Per quale motivo Clare avrà sempre la pazienza di aspettare Henry, nel passato e nel presente?
L’amore. Semplicemente l’amore.
Si può pensare ciò che si vuole dell’amore. È un sentimento che ti rende forte, ma ti indebolisce allo stesso tempo. Può renderti vivo, ma può anche ucciderti. Tutti si innamorano. Tutti amano. Vuoi o non vuoi, prima o poi, l’amore ti trova.
Ed è questo che alimenta la pazienza di Clare. Henry è la sua anima gemella, e lei sa che un giorno lo rivedrà.
Cosa vuol dire, secondo te, l’epifania finale?
Quando Henry muore, Clare cade nella depressione più assoluta. Ha aspettato Henry fin da piccola e un giorno una stupida coincidenza gliel’ha portato via. Tutte le volte che lui spariva, alla fine tornava. Quell’ultima volta, purtroppo no. Come può sentirsi la giovane donna? Spezzata, incompleta… quando muore qualcuno di caro ti lascia un vuoto dentro. È come se perdessi una parte di te. Credi di non riuscire ad andare avanti, ma poi devi farlo.
Cosa ne pensi del romanzo e del suo stile? Ti è parso fruibile?
Assolutamente leggibile. I due punti di vista della narrazione di fanno capire, parola dopo parola, pagina per pagina, cosa provano i due protagonisti. Come si sente Clare aspettando sempre il suo amato. Come si sente Henry cercando di tornare dalla sua amata. Un romanzo moderno, appassionato ma non sdolcinato. Lettura scorrevole e ricca di peculiarità che rendono questo testo uno dei più notevoli di questo genere.
Se avessi scritto questo romanzo, c’è qualcosa che modificheresti nella trama?
Riscriverei la trama per poi oppormi al modo in cui è stato cambiato il titolo italiano del film tratto dal romanzo. “La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo” è un titolo d’impatto. “Un amore all’improvviso” è un titolo un po’ banale, scontato.
Forse della trama non cambierei nulla, o al massino eviterei l’incidente finale di Henry. Solo perchè amo i lieto fine. Anche se questo libro, volendo decifrarlo positivamente, un bel finale ce l’ha, perché Clare e Henry si ritrovano, nonostante lui sia scomparso nel presente.
Perché hai scelto questo libro? Nostalgia del passato?
Ho scelto questo libro perché racconta l’amore vero, quello che aspetta, che pazienta e che vive al cento per cento ogni giorno. Henry e Clare alla fine si trovano, dopo aversi cercato a lungo. Ed essendo una romanticona, come potevo non innamorarmi di questo libro?
Del passato, fino ad ora, non ho mai provato nostalgia. Un po’ di paura del futuro c’è, ma cerco di vivere la mia vita giorno dopo giorno. E… come diceva Rossella O’Hara: “Dopotutto, domani è un altro giorno!”
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