Forza e determinazione, anche in una società che svaluta le donne
Il progetto riparte con un nuovo ciclo d’interviste!
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Scheda del Lettore
Grazia De Gennaro, classe 1987, ha frequentato l’Università degli Studi di Salerno, conseguendo la Laurea di Primo Livello in Sociologia. Ha frequentato un corso di addetto/responsabile Ufficio Stampa e partecipato a diversi concorsi letterari, tra cui quello dell’estate 2015 del Circolo degli Artisti Salernitani, che le è valso il 1° Premio. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo romanzo con Writers Editor, “Amore di papà”. Attivista, femminista e sostenitrice dei diritti LGBTIQ, gestisce una pagina Facebook sui diritti delle donne: “Doppia Vu Women Rights“. Attualmente riveste il ruolo di segretaria provinciale nella sezione NIDIL CGIL di Salerno.
Oggi parliamo di:
Memorie di una geisha – Arthur Golden
Photocredits: Roba da donne
Perché hai scelto questo libro? Cosa ti ha spinta a leggerlo?
Ho scelto di leggere questo libro dopo aver visto il film al cinema, insieme a una mia compagna di scuola, quando avevo circa quattordici anni. La storia mi conquistò. Decisi, allora, di mettermi alla ricerca del libro, ma purtroppo, all’epoca, trovarne uno non era semplice come oggi. Oltretutto, nelle librerie non c’era più e io non ero per niente avvezza agli acquisti online. Sconsolata, dovetti accettare che non lo avrei mai letto. Poi, un giorno di molti anni più tardi, l’adocchiai di sfuggita mentre passavo dinanzi alla vetrina di una libreria. Pensai che fosse un segno del destino, così mi precipitai dentro e, finalmente, divenne mio! Era cento, mille volte più bello della pellicola! Me ne sono innamorata pagina dopo pagina.
Conoscevi già l’autore e il suo genere?
Non conoscevo l’autore né il genere da lui trattato, ma, incuriosita, ho cercato qualche informazione circa la biografia e le opere. In particolare, mi sono documentata su questo romanzo, perché volevo capire da dove fosse partita l’idea di narrare la storia di un mondo segreto, così raffinato e lontano anni luce dal nostro. Da allora, mi sono lasciata sedurre dalla magia dell’Oriente.
Su questo romanzo è sorta una querelle. Pensi che l’autore abbia fornito una visione troppo “americana” della professione di geisha?
Poiché l’autore ha raccolto la testimonianza di una vera geisha, cercando di raccontare nel modo più accurato possibile tutti i dettagli e le vicissitudini, mi ha sorpreso quanto un occidentale fosse stato così abile nel conservare una certa fedeltà, azzerando − una volta tanto − il filtro di un’America fanatica e un po’ esaltata, che ama celebrarsi in questo genere di lungometraggi. Lo scopo era, infatti, chiarire l’origine di una figura come quella della geisha, che spesso gli occidentali interpretano in maniera speculare, considerandola addirittura una prostituta. Ciò si evince anche nel film.
Perché, secondo te, l’autore inserisce elementi come il dettaglio della Casa Ubriaca e la Signora Frenesia?
Credo che “la Casa Ubriaca” fosse una metafora per suggerire l’instabilità e la precarietà di quella vita di stenti e povertà che le sorelle Statsu e Chiyo conducevano. Un’esistenza in bilico, come quella dei genitori malati, fra la vita e la morte. La “Signora Frenesia” l’ho intesa come una sorta di allegoria del destino, che ha avuto il potere di giudicare e influire, con la sua scelta, sul futuro delle due sorelle. La più grande, infatti, viene affidata a un vero e proprio bordello e non a una dimora per geishe, che erano considerate “opere d’arte in movimento” per i loro talenti, e quindi dovevano distinguersi “stando in piedi, non sdraiate”.
Stilisticamente, nel complesso ti piace il modo in cui questa storia vera è stata narrata?
Adoro lo stile in cui è stato scritto questo romanzo. Soprattutto, mi ha fatto letteralmente impazzire l’innumerevole quantità di particolari sul tipo di vita, le descrizioni delle cerimonie del tè, il fruscio delle preziose sete dei kimono, ma anche dei luoghi, delle acconciature. Mi hanno colpito anche gli stati d’animo della protagonista che, dopo un’iniziale resistenza e un tentativo di fuga fallito, è rimasta segregata nell’okiya, inizialmente come schiava. Senza sapere che poi avrebbe fatto storia come la geisha più desiderata di Kyoto.
Secondo te, se Chiyo non avesse incontrato il presidente, avrebbe cercato una strada diversa?
In effetti, mi sono sempre chiesta cosa ne sarebbe stato di Chiyo se non avesse incontrato il presidente e non avesse ambito a impegnarsi per diventare geisha. Forse, avrebbe continuato a vivere sottomessa alla perfida Hatsumomo, che tiranneggiava persino su Nitta, la proprietaria. Quando poi, alla fine, dopo aver provocato un incendio sarà proprio Hatsumomo a lasciare l’okyia, ho pensato che al posto suo avrebbe potuto esserci proprio lei, magari in un accesso d’ira.
Il presidente, che non viene mai menzionato, può essere assimilato per certi versi all’Innominato dei Promessi Sposi o altri personaggi letterari?
Nonostante si tratti di un’intensa passione provata da Sayouri (nome da maiko di Chiyo) e conservata negli anni, questa storia d’amore appare un po’ in secondo piano rispetto alla protagonista assoluta e del libero fluire della sua esistenza, considerata, a mio avviso, il fulcro di tutto il libro. L’amore, quasi evanescente, rappresenta solo la spinta finale all’evoluzione del personaggio, che cambia simbolicamente anche il nome. La figura della geisha, che “non è una cortigiana e neppure una moglie”, ma una donna libera che si autodetermina, assurge a un valore profondamente femminista, seppure in una società così svalutante delle donne, tant’è vero che queste artiste devono offrire la propria verginità al cliente che pagherà di più. Persino Hatsumomo trasgredisce la regola secondo cui “una geisha non è libera di amare”, ma non è altrettanto fortunata come Sayouri. Lei infatti, sfugge in una ribellione segreta a quegli uomini sposati per convenienza, che pagano per vederle danzare, suonare, e appropriarsi della loro virtù per poi diventare loro “protettori”, ovvero coloro che le mantengono.
Pregi e difetti di questo romanzo: lo consiglieresti?
Sicuramente consiglierei la lettura di questo romanzo, per un fattore non solo letterario ma anche culturale. Gli occidentali hanno un’idea molto distorta di alcuni costumi stranieri, per cui attraverso di esso potrebbero scoprire che sono decisamente fuorviati. Uno dei pregi è proprio questo: offre uno spaccato veritiero di quello che diventerà in Giappone un personaggio iconico, ma commerciale, sullo sfondo di una Seconda Guerra Mondiale che serpeggia ed esplode all’improvviso nella storia, con le sue bombe sganciate dal cielo. In tal modo, viene cancellato per sempre un piccolo mondo femminile e di arte. Il difetto, poiché devo proprio trovarne uno, è la lunghezza. Purtroppo, e sono cosciente che si tratti esclusivamente di un mio limite, sono allergica a libri con una molte notevole e, nonostante lo adorassi, ho impiegato un po’ di tempo per terminarlo.
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