04 dic 2017
Avevo un foglio di carta.
Questo foglio bianco erano piccoli pensieri.
A volte lo accartocciavo, a volte lo spianavo
col rude peso degli anni.
A volte lo imbrattavo
con un inchiostro troppo nero.
In altri momenti
lo riempivo di vari colori:
cera, acquerelli, pastelli delicati.
Ogni volta che la stanza era buia
il foglio veniva ripiegato…
e dimenticato…
e abbandonato.
“Così non si fa” mi dissi un giorno.
Così lo recuperai, lo spianai,
lo incorniciai.
Cominciai a pensare che nessun
inchiostro bigio
o crepa
o piega
avrebbe più rovinato
un foglio pulito e rimesso a nuovo.
Era chiaro, però
che aveva subito il rude peso degli anni.
Un giorno
ho capito che nessuno poteva evitare
di rovinare il proprio foglio di carta
– le opere d’arte, si dice, nascono sempre così.
Anche se soffre, la carta sopporta
il nuovo ripiegamento,
non vuole più evitarlo,
anche quando la stanza torna buia.
Il miraggio era troppo perfetto
perché il nero non tornasse a rigarla.
E presto nascerà – lo sa –
un origami,
perché tutte quelle pieghe abbiamo un senso
e la loro forma illumini la stanza,
anche se il foglio è distrutto.